Raccoglila. Non è conveniente abbandonare una monetina, può cambiare la vita che ti corre davanti o dietro. A volte ti sta di fianco e ha il tuo ritmo. Artisti di strada scattano al rosso del semaforo in Frankfurter Tor per mostrare ognuno un qualcosa: chi gioca con il fuoco, chi con arance, chi con palline fosforescenti. Incuranti del freddo. Continui. Rosso si suda, verde si cerca di raccogliere. Monetine. C’è chi suona sotto i ponti, al parco,nelle piazze. Le custodie di chitarre, trombe e bassi sono aperti. Molte volte contengono gli album prodotti. Dentro monetine. Currywurst, Schwarma, Sushi, Pizza, Birra, Cola, Rum. Lasci monetine. A volte sono la trama dei rapporti, fanno da spola. Creano tessuti. Sociali. Il telaio della società capitalista. Purtroppo.
Ma io ringrazio una monetina. Ho casa a Berlino grazie ad essa. Quella monetina di un misero centesimo che custodisco fissa nel taschino di ogni pantalone che indosso. Ogni mio pantalone ne possiede una, come un portafortuna, uno spicciolo di sicurezza a cui mi aggrappo quando sento che qualcosa comincia a scricchiolare. Sono stato la prima settimana di ottobre, al mio arrivo qui a Berlino, in una stanza di un appartamento condiviso. Una sola settimana di tempo per cercare qualche altra cosa: la proprietaria della stanza, una ragazza bulgara che vive a Berlino, si occupa di Design nel settore moda. Quella settimana non c’era, andava a visitare i suoi amici e familiari in Bulgaria. Lo fanno tutti. Fittano le stanze per brevi periodi a chi ha bisogno di stabilirsi, a chi ha bisogno di appoggiarsi, a chi in parte cerca anche le prime persone con cui parlare.La fittano per poche monetine a volte.
Rosalin, magrolina, capelli corti tendenti al rosso, zigomi alti. Mi aspetta per darmi le chiavi ed affidarmi per una settimana la sua alcova. La stanza è grande, letto in soppalco, ed uno splendido divano/salottino. Mi metto subito a mio agio entrando nella vita di una persona che nemmeno conosco. Respiro le sue idee, i suoi progetti per chissà quale sfilata o servizio di moda, leggo i suoi appunti, guardo le sue piccole creazioni. Sul tavolino c’è una spilla-coccinella, in tedesco Marienkäfer che letteralmente significa “insetto di Maria”, forse quel che ci vuole per il mio arrivo da nomade. Qui e là monetine. Su di una mensola, sulla scrivania, sul comodino pensile. In casa con me c’è Leonard: c’è ma non si sente. Silenzioso, solitario. Gli rivolgo molte volte la parola e pian piano comincia a chiacchierare. Studia matematica e fisica: mi parla del suo passato. Di una laurea in ingegneria che già possiede, chiuso sempre nel suo maglione di lana. Ed in parte chiuso anche nei suoi pensieri, tra le sue sigarette e le birre, nel disordine della sua stanza. Quando ride gli sale la voce rauca per il troppo fumo. Non fa niente, ride. Ed è positivo.
Significa che ci si è capiti, che si è trovato un filo su cui cominciare a confrontarsi, ad interagire, a far collidere idee. La collisione genera sempre costruzione. Intanto cerco casa per continuare la mia esperienza nella capitale tedesca: in testa i post di tanti forum, le frecciatine, forse più cannonate, di tanti italiani che continuano a ripetere “Tu credi che trovare casa qui sia facile? Ti ci vogliono settimane, mesi. È dura, devi combattere, devi arrivare primo, devi piacere”. Si perché per avere una stanza a Berlino devi sostenere un’intervista, quasi fosse un lavoro: devi presentarti e descriverti, conoscere chi ci vive dentro e sentirti ripetere “allora adesso incontreremo altre persone e poi ti faremo sapere”. Funziona così. Ed allora non ti resta che stringere nel pugno quella monetina che tieni nella tasca del tuo pantalone. Come ho fatto io l’ultimo giorno in cui ero con Rosalin. Ancora nella sua casa. Ancora dopo una settimana in casa sua.
Consulto uno dei più famosi siti di ricerca stanze e appartamenti, imposto i miei parametri, avvio la ricerca. Ecco i risultati: a volte c’è il numero da chiamare, altre volte no. Mi oriento solo sugli annunci con i numeri, ho urgenza. Mi sono costruito una strategia. Una settimana vola via con l’intera struttura alare aperta, e dopo aver rotto la tenda della stanza di Rosalin, nella mia imperterrita capacità di combinare guai dovunque e comunque, devo lasciarla perché lei è tornata. Mi presenta la sorella, gemella. Le dico di voler pagare il danno ma lei con estrema tranquillità valorizzata da un bel sorriso mi dice che non fa nulla e mi dice che se non trovo nulla la sorella gemella può ospitarmi. Studia italiano la sorella. Parla di Dante e di letteratura italiana. È affascinata dalla filologia. Ne approfitto per parlare anche dei miei studi negli anni della triennale alla Federico II. Riduco in particelle i miei ricordi, per afferrarli meglio nei cassetti mentali del mio cervello. Apro quello dei tre anni a Mezzocannone, alla facoltà di Lettere Classiche. Ricordo ancora il professore Calenda con Filologia Dantesca e le belle lezioni di letteratura italiana del Professore Palumbo. Ricordo ancora di quanta stima nutrivo per Matteo Palumbo. Affabile, sornione, quelle persone che senti subito umanamente profonde, capaci di tranquillizzarti con un tono di voce pacato ed un sorriso ben assestato. Professionalmente il non plus ultra. Nel cassetto della Federico II c’è uno scomparto dedicato solo a lui in cui ci sono i cinque esami di letteratura italiana, il corso di scrittura creativa e quello di scrittura teatrale. Avrei piacere di rivederlo: ora che ci penso, andrò a cercarlo se mi troverò nelle strade napoletane consumate tra i miei diciotto e ventidue anni. Intanto mi ritrovo per le mani l’ultimo numero da chiamare. Una stanza libera fino al 31 gennaio, Clemens, zona Friedrichshain. Gran bel posto, al centro delle arterie di comunicazione, tra locali e viva vita notturna. Un posto in cui è molto facile conoscere gente, decidi i tempi di spostarti e i luoghi in cui andare. A due passi da Frankfurter Tor, Mitte, Warschauer Strasse. L’annuncio dice che è fissato per giovedì l’incontro con tutti gli “spasimanti” della casa: ci deve essere amore per averla? Passione? Ma io se desidero un qualcosa, non voglio certo aspettare. Chiamo subito. Mi schianto contro un “Hallo” forte, deciso, insomma tedesco. Velocizzo il mio inglese e parto subito con un “sono sotto casa tua, è possibile vedere la stanza adesso?”. La mano sempre nel taschino, giocando con il mio centesimo, passandolo tra l’indice ed il medio e poi schiacciandolo con il pollice. Mi dice di sì. Scappo di casa verso un nuovo punto di arrivo.
Di corsa, come ho sempre fatto. Senza fermarmi. Arrivo in dieci minuti: mi apre la porta un ragazzo biondo, capelli lunghi, occhi azzurri ed attenti, come di chi ha vissuto e riesce a capirti da un primo sguardo. Sopra già c’è un altro ragazzo, inglese, che come me ha cercato di essere il primo. “Ha corso più veloce” penso tra me e me. E quindi c’è collisione, possibile solo quando due corpi in movimento si scontrano. La stanza è spaziosa, luminosa. “Un po’ in disordine ma con mezza giornata si sistema per bene” penso. È disponibile fino al 31 gennaio. Clemens studia traduzione, lavora per alcuni alberghi. Parla anche lo spagnolo oltre all’inglese. Con lui c’è Tilli. Tedesco. Dal rapporto che hanno intuisco che sono amici di lungo corso ed inizio a chiacchierare. Tilli è un operaio specializzato nelle costruzioni di imponenti edifici. È un climbing. Mi mostra alcune foto. Me lo conferma. Sono amici perla pelle lui e Clemens. La conversazione giunge al termine: ragazzi simpatici, mi va bene la stanza. Ma la vuole anche l’inglese. Giro e rigiro la monetina nella mia tasca. Mi appiglio a lei. Lo fa anche Clemens. Ci giochiamo la stanza con la monetina. Faccio fare alla fortuna. Clemens sceglie per me, tira, osservo le capriole che fa in aria prima di ricadere con un rumore sordo nel palmo del giovane biondo tedesco. Vado d’accordo con le monetine. Sono fortunato. Una settimana ed ho casa. Da qui sono partito. Era il 15 ottobre. Fra qualche giorno è un mese che sono in questa casa e ne sono venuti tanti benefici: il corso di tedesco a 100 metri, uscire e mangiare quando si vuole, tutto a distanze minime.
E il 26 novembre avrò anche il mio primo colloquio con la multinazionale BASF per cui ho avanzato delle applications. Mi hanno contattato invitandomi nella loro sede: intanto studio il tedesco e giro di locale in locale, di strada in strada conoscendo persone, ascoltando storie, osservando vite e regalando monetine. Una però la conserverò nel taschino del mio pantalone fino al 26 novembre. Senza alcun dubbio.
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