Nu Sarracino a Berlino

La sicurezza dell’instabilità

GendarmermarktCop

bandiera_inglese_piccola

Ho sempre avuto un brutto vizio. La curiosità.

Una cattiva abitudine che mi ha sempre spinto in una eterna e affannosa ricerca della novità, della vita altrui, della penetrazione profonda negli animi di persone che molto spesso non hanno assolutamente nulla a che fare con la mia vita. Penso che questa sia davvero una mia grande imperfezione che di conseguenza mi getta nella terribile condizione di non sentirmi mai appagato. Nella costante condizione della ricerca. Ho sempre visto in questo mio atteggiamento una sorta di tendenza al male, all’instabilità, a volte addirittura “une chose de fou”.

Mai sicurezze. O forse solo una. La mia famiglia. Nelle ultime settimane mi sono trovato a ragionare con un po’ di amici su questo punto. Nel mio essere instabile sono sicuro: forte dell’affetto di mio fratello, mia sorella, mia madre e mio padre. Attaccato alla videochiamata per l’Italia, sorrido nel cuore ogni volta che appare come una parure di perle preziose la mia famiglia. Questa per me è una sicurezza. Come un eterno bambino protetto. Radici ataviche nella concezione tutta meridionale dell’importanza del guscio familiare. Differente è l’aspetto che ho riscontrato qui in Germania e parlando con la maggior parte delle persone del nord Europa e del Mondo con cui ogni giorno mi trovo ad interagire. In primo luogo nei discorsi si parla, quasi sempre, delle sicurezze che uno ha. Noi italiani in generale, ed in particolare noi del sud Italia, in un determinato momento del discorso, siamo sempre aperti a parlare della famiglia. È un appiglio, un’àncora sicura, un porto in “gran tempesta”. È uno degli argomenti preferiti dagli italiani. Mia sorella è stata… mio fratello ha fatto… mio padre ha detto… mia madre ha preparato… Questa sicurezza non è così sentita dai tedeschi, né dagli inglesi né da altri popoli d’Europa centro e nord. Non c’è sicurezza in questo. La maggior parte della famiglie sono allargate, genitori separati, sorellastre e fratellastri. Rapporti molto spesso inesistenti, ridicolmente formali. Non c’è calore. Non se ne parla. Si può parlare tranquillamente di lavoro, di affari, di politica, di servizi sociali e di nottate brave. Ma che non si parli di famiglia. Porta insicurezza, si comincia ad incupirsi, infastidirsi, ammutolirsi, abissarsi. Hic Germania.

Che si parli di famiglia. Ma che si tremi alla parola lavoro, futuro, politica. Insicurezza. Hic Italia.

Ho questo brutto vizio di trovare differenti tutti gli uomini. O meglio… originali. Sarà il mio brutto vizio di osservare. Riesco sempre a scorgere, di primo acchito, dove sta il pericolo. Ogni volta che entro in un locale o che mi trovo in una situazione, riesco ad individuare subito le positività e le minacce. L’ho coltivato negli anni. Dall’epoca del mio primo viaggio fuori dall’Italia, in Costa del Sol, a 14 anni. Mandato con i miei zii e cugini, nella sicurezza della mia famiglia. Mio padre ha sempre voluto vedermi in giro per il mondo. Deciso, concreto, poliglotta, in grado di sentirmi “a casa” in qualsiasi paese. Mi ha sempre spinto all’azione, ad uscire dagli schematismi, ad aprire la mia mente, a darmi da fare. Lo ammiro. Mio padre. Anche se deciso e concreto stento ancora ad esserlo.

La mia curiosità è diventata così un vero e proprio vitium, nel senso antico del termine. È un vizio fisico. Un vizio fisico che mi trasforma: un continuo movimento di occhi verso particolari, atteggiamenti, volti, movimenti di labbra o modi di toccarsi. Un continuo movimento di piedi verso luoghi sconosciuti alla ricerca della novità.

Di quel primo viaggio in Spagna, sulla costa del Sol ricordo accadimenti, volti e situazioni. Ricordo la morte del mio cane, una delle prime storie d’amore estive, le risate con mia cugina Marianna. È difficile capire il legame che si instaura tra un cane e chi lo vive ogni giorno. È un legame sincero, incondizionato, profondo. Solo chi l’ha provato può capirlo. Nerina era un pincher di color marrone scuro, occhi vispi, orecchie attente e ritte quando le si rivolgeva la parola. Mio padre l’aveva comprata in un mercato. È stato il primo cane in famiglia, e l’unico. Il quarto figlio per i miei genitori. Piansi l’intera serata: era venuta a mancare un componente della mia famiglia. Avvelenata nel giardino di casa mia da chissà quale difetto umano. I cani cercano di morire sempre lontano dagli occhi. Nerina quel giorno lo sapeva, e se ne andò in un angolo nascosto del giardino di casa. Si adagiò. E ci fece piangere. È quello il ricordo più vivo di quelle due settimane in Spagna. Marbella, Malaga, Torremolinos, Puerto Jose Banus, Fuengirola, Gibilterra, persero d’improvviso tutta la loro bellezza.

Mi abbracciò e cercò di consolarmi. Si chiamava Lucia. Capelli lisci giù fino alle spalle, castana, occhi verdi. Non la ricordo molto bene oggi, ho però un dolcissimo ricordo di quell’abbraccio. Uno di quei ricordi che porti per sempre con te, uno di quei ricordi legati ai luoghi. Eravamo in uno degli spazi aperti del villaggio vacanze in cui stavo trascorrendo quell’estate. Era il 1996. Avevo 14 anni. E già avevo quel nebuloso vizio della curiosità. Ho ancora il braccialetto che mi regalò  anche se la dedica è scomparsa. È un braccialetto di cuoio con il mio segno stampato. Sono un Capricorno. Un segno che ci mette sempre testardaggine, anche nei vizi. Costante, deciso e perseverante. Forse soprattutto nei vizi. “Eres especial, Lucia”. Era questa la dedica. Ho sempre avuto paura della parola “speciale”, è come il vizio. E come la virtù. Sono parole sfuggenti, impalpabili, non determinate: cambiano con il tempo, con il luogo e con le situazioni.

Roberta è stata l’ultima persona che mi ha dato del viziato. “Sei un bambino viziato e cocciuto”, “un borghese finto alternativo”… ben lontano dall’essere speciale. Sedici anni dopo. Ho avuto con lei un rapporto particolare, di amore ed odio. Un rapporto basato su interessi completamente diversi, su modi di comportarsi completamente agli antipodi. Una passione sfrenata per la musica elettronica, la fotografia ed il vintage la sua; una passione per la storia, l’arte e la letteratura la mia. Ci sono stati tanti litigi: Robi è arrivata a fine ottobre qui a Berlino. Per studiare tedesco. In tasca una laurea triennale in lingue e tanta volontà di continuare i suoi studi specialistici.

SiegessäuleCopSiamo stati in giro per Berlino più volte: e con lei ho avuto anche la prima idea di creare t-shirt personalizzate. Solo per me. Magari un giorno proverò a commercializzarle. Con lei sono arrivato per la prima volta fino alla Siegessäule, la colonna della vittoria, trionfale, eretta per commemorare le vittorie prussiane del XIX secolo. I Berlinesi la chiamano l’”Elsa d’oro” e Wim Wenders nel film “il Cielo Sopra Berlino” del 1987 l’ha fatta entrare nell’immaginario collettivo. Oggi è il simbolo della comunità gay e da lei prende il nome la rivista più gettonata nel mondo omosessuale.

Roberta è molto carina. I suoi occhi sono davvero qualcosa di illuminante. Ecco, per un po’ di tempo sono stati un mio vizio quotidiano. Ho goduto dei suoi sorrisi. I suoi occhi sorridono. Carinissima poi quando in desabillè mi apre la porta, con i suoi ricci simili alla folla in una stazione: ognuno va in direzioni diverse, c’è chi si scontra, chi si urta, chi si unisce. È stata ingombrante. Nella mia testa per un po’… il solito impenitente. Penso che ne farò una t-shirt.

Ma io non mi sento per nulla un viziato: mi sono sempre fatto in mille pezzi per raggiungere i miei obiettivi. Ho rinunciato a tante cose per il rischio. Ho il vizio del rischio. Questo forse si. Ma mi son preso solo oneri lavorativi negli ultimi anni. Pochi onori. In un continuo processo mentale di switch da lavoro a lavoro, da presentazione a presentazione, da lingua a lingua. Forse sì, sono un vizioso. Un dolce viveur decadente e amorale che cade nel vizio quando sceglie sbagliando. Un ingenuo che ama la vita e ne gode instancabilmente.

Berlino è piena di mercatini natalizi. Ed intanto la neve riempie l’aria. Riempie le case, le persone ed i sentimenti. Attutisce tutto ed illumina. Rumori sordi, calma apparente. Il mio preferito è il mercatino del Kulturbrauerei, anche se non disdegno quelli più eleganti del Rotes Rathaus e di Gendarmermarkt. Il Kulturbrauerei è un ex birrificio trasformato alla fine dell’Ottocento dall’architetto Franz Schwechten in un complesso di venti edifici fatti di mattoni gialli e rossi e caratterizzati da frontoni, archi, torri e torrette. Il birrificio culturale è un illuminante esempio di riqualificazione di vecchi siti industriali che oggi offre concerti, cinema, club, gallerie, ristoranti e cafè.

Mercatini di Natale in GerdarmermarktCop

Mercatini di Natale davant i al Rotes Rathauscop

Io preferisco quello del Kulturbrauerei perché è formato famiglia. E ci trovi meno turisti.  Si respira l’amore delle famiglie giovani: quelle che la Germania protegge ed assiste. È nel quartiere di Prenzlauer Berg. È un quartiere a misura d’uomo con le sue piazzette, i vicoletti, le stradine piene di negozi particolari e caffè alla moda. Ma mantiene ancora il suo stile di Europa dell’Est. Giovani professionisti e giovani famiglie sono i veri abitanti del quartiere. Le giovani famiglie fresche di figli e matrimoni che ancora riescono a parlare con sicurezza e stabilità di un futuro. Anche se magari non ci sarà. In Germania la percentuale di genitori separati o divorziati è altissima. Tra Kastanienallee, Helmhotzplatz, Kollwitzplatz, negozi di gastronomia, caffè, bar, ristoranti, boutique, tanti parchi giochi e migliaia di carrozzine. Si respira rispetto. Ci vado spesso in questo quartiere: mi fermo spesso a mangiare lo storico Currywurst del Konnopke’s Imbiss, una baracca a pochi metri dalla stazione della metropolitana di Eberswalder Strasse che ha i suoi natali nel lontano 1930. Mentre ti delizi con il vanto dei berlinesi senti i treni sfrecciare sopra di te. Non sarà il massimo ma i wurstel pieni di curry e ketchup sono ottimi.

Alcune delle persone che frequento vivono nel quartiere di Prenzlauer Berg. Nei dintorni della Schonauser Allee. Alessandra, Cecilia, Giampaolo e Lucia sono qui per il Progetto Leonardo. Loro mi invitano molto spesso a cena. Ed è un piacere stare in loro compagnia, mi sento a casa in casa loro. Si chiacchiera di cinema, di viaggi, di sentimenti. Di solito è Alessandra che cucina… ma a lei dedicherò prima o poi un intero fiume di parole su questo blog.

Cecilia e Giampaolo sono abruzzesi, Lucia di Mantova. Mi è capitato di conoscerli. Si, nella mia continua curiosità di girare, conoscere luoghi e parlare con la gente.

Mercatini di Natale al KulturbrauereiCop

Si respira rispetto. Quando penso a loro penso al rispetto. Un rispetto in bilico, su di una gamba, trascinato ora verso l’orgoglio ora verso l’umiltà. Un rispetto che pensavo di aver perso e che invece riscopro ogni giorno di più. Guardandomi indietro lo ritrovo nonostante sia proiettato sempre ed imperterrito in avanti. È un rispetto costruito sul confronto e volizione di idee, sull’ascolto, sull’intimità di sguardi sinceri. Non l’ho chiesto io né tantomeno loro: da rispetto che si rispetti è stato una conseguenza naturale del nostro conoscerci e stimarci. La neve è rispettosa. È il camminare in un bosco, un tramonto, un abbraccio composto, un sorriso profondo. Nonostante fondamentalmente sia un eretico nelle mie scelte, credo ancora e tanto nel rispetto e come un bislacco individuo nel suo vestito da galà sorrido, canto e ballo, convinto, citando il monologo finale del film “The Big Kahuna”, che “i veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio”…

Fra poche ore sarà Natale ed io per la prima volta sarò lontano dalla mia famiglia. Sono sempre tornato a casa. Ieri però un dolce messaggio ha riempito i miei pensieri: “Caro Fioravante, sarà un Natale strano per entrambi ma tutto sommato sono felice di partire domani, di stare con Mari e di essere a Londra. Tu invece vivrai il Natale Berlinese e forse lo racconterai nel tuo prossimo pezzo su uno dei tuoi blog, che io poi ovviamente leggerò. Era una telefonata senza motivo, non avevo nulla di veramente importante o interessante da dirti, credo che volessi solo augurarti ancora buon Natale. Cosa significhi veramente ” Buon Natale” per un non-religioso, come sono io per esempio, non lo saprei nemmeno dire. Il Natale è per un non-religioso semplicemente un tempo da passare con chi lo fa star bene, per condividere ore spensierate e piacevoli. Spero che per te anche questo Natale sia piacevole nonostante la lontananza dalla persone a te care e che possa in qualche modo darti momenti di serenità. Ora ti saluto ma ci sentiamo presto… “

Sto ancora pensando alla risposta, o meglio già l’ho pronta. Stanotte gliela manderò.

Il sarracino consiglia:

–          La riapertura della Siegessäule, il monumento che visse due volte. Andrea D’Addio per Zingarate.com

–          Io, esule dalla Libia di Gheddafi. Fioravante Conte per ilNolano.it

–          I mercatini di Natale di Berlino. Andrea D’Addio per Zingarate.com

–          Laboratorio Berlino: la mappa dei nuovi trend. Ilaria Simeone per Viaggi24

–          The Big Kahuna, Monologo finale 

Il sarracino ha in mente:

Chi ha occhio, trova quel che cerca anche ad occhi chiusi (Italo Calvino)

Pubblicità
Questa voce è stata pubblicata il dicembre 24, 2012 alle 5:45 PM. È archiviata in Cambiamento, Famiglia, NAtale, Vizio con tag , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Segui tutti i commenti qui con il feed RSS di questo articolo.

Un pensiero su “La sicurezza dell’instabilità

  1. Pingback: Il tempo della crisi « Nu Sarracino a Berlino

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: